Sempre nel vicentino, nel 1926 era nata all’interno dell’azienda tessile Marzotto la squadra calcistica del DAM Valdagno (Dopolavoro Aziendale Marzotto), poi trasformatasi nell’immediato secondo dopoguerra in Associazione Calcio Marzotto; nel campionato cadetto del 1953-1954 ebbe così luogo anche un particolare “derby della lana” tra i già citati Marzotto Valdagno e Lanerossi Vicenza. Tornando a parlare di abbinamenti, visto il loro proliferare, questi furono banditi dalla Federcalcio alla fine del decennio: solo il Lanerossi poté mantenere la sua particolare denominazione, in virtù di una speciale concessione. Non ci volle molto alla FIGC per capire l’escamotage, ma nonostante multe, squalifiche e l’inevitabile rimozione del marchio pubblicitario dalle casacche, D’Attoma perseverò, inserendo il marchio Ponte su tute d’allenamento, giubbini prepartita, e un po’ ovunque all’interno dello Stadio Curi (perfino sul manto erboso, “inventando” di fatto quel particolare taglio d’erba che sarà poi reso famoso dalla Parmalat, allo Stadio Tardini di Parma, negli anni novanta).
A riprova di ciò, dalla stagione 2006-2007 il Gruppo Marzotto (proprietario del marchio Lanerossi) ha permesso gratuitamente al club vicentino l’utilizzo della storica ‘R’, che è così tornata a far bella mostra di sé sulle casacche biancorosse, dopo che per tanto tempo la tifoseria ne aveva chiesto il ripristino. Nella stagione 1953-1954 debuttò infatti sulle maglie del club biancorosso (all’epoca in Serie B) una piccola ‘R’, siti maglie da calcio simbolo del Lanificio Lanerossi di Schio. Tenere d’occhio gli eventi “fuori dal campo”: ci sono una sterminata serie di fattori che possono influenzare il valore di una maglia. L’obbiettivo minimo dovrebbe essere quello di raddoppiare il valore di ogni maglia alla rivendita. Oggi infatti alcune maglie anni 90 arrivano a valere anche tre o quattro volte il loro valore di acquisto iniziale. Il club friulano era appena passato sotto la nuova gestione della Zanussi, che decise inizialmente di seguire una pratica simile a quella del vecchio abbinamento, inserendo sulle maglie bianconere della stagione 1981-1982 solamente una ‘Z’ rossa all’altezza del cuore, come richiamo all’azienda. Solamente col campionato 1983-1984 l’Udinese si allineerà al resto del panorama calcistico nazionale, raggiungendo un accordo per far comparire sulle sue casacche lo sponsor Agfa. La Fiorentina propose quindi in questa stagione delle particolari divise viola con dettagli rossi, che vedevano lo sponsor inserito immediatamente sotto al colletto; nella parte frontale – dove di norma sarebbe dovuto essere presente il marchio pubblicitario – sfoggiava invece il rinnovato stemma societario, appena ridisegnato dalla nuova proprietà dei Pontello (il cosiddetto “giglio alabardato”, mai troppo amato dai tifosi fiorentini), che occupava la gran parte del petto.
Partiamo dalla formazione arrivata alla piazza d’onore, la Fiorentina. Nel corso degli anni l’azienda è stata sponsor ufficiale di varie compagini toscane, su tutte la Fiorentina tra il 1994 e il 1997, oltreché di altre realtà calcistico regionali quali Grosseto, Livorno e Siena. Per fare un esempio pratico, all’uscita del film Netflix su Roberto Baggio ho visto sue maglie che mesi prima venivano vendute a 60€ andare via ad oltre 150€. Che il film era in uscita si sapeva in realtà diversi mesi prima, quindi una possibilità di investire era ben chiara da tempo. Come abbiamo già ricordato la volta precedente, anche in Italia per lungo tempo questa disciplina sportiva è stata preservata dalle più disparate venalità economiche, nonostante altrove già da tempo si ricorresse all’aiuto e al supporto degli sponsor, come avveniva ad esempio nel campo del basket e del ciclismo. Nel 1978, ultimo anno di Gaetano Anzalone alla presidenza della società, i Capitolini hanno avuto l’occasione di osservare come negli Stati Uniti d’America lo sport fosse principalmente trainato dal merchandising e dalla vendita di prodotti legati al club. Questo è uno dei tanti esempi che chi vuole guadagnare dalla vendita di una maglia deve considerare, in quanto molto spesso le aspetti extra-calcistici legati a un giocatore possono giocare un ruolo importante.
Attuando questo esempio con un investimento di 3.500€ (50 maglie comprate a 70€) si può puntare a generare un incasso di 7.000€ alla rivendita, e quindi un guadagno netto di 3.500€. L’esempio è sicuramente semplicistico e si basa molto su quello che è successo nel mercato delle maglie di calcio negli ultimi anni. Come detto all’inizio esistono forme di investimento potenzialmente molto più remunerative. Questo tipo di espedienti ottennero un discreto successo negli anni cinquanta, quando in poco tempo sorsero legami come Talmone Torino, Simmenthal Monza, Ozo Mantova, Sarom Ravenna, Zenit Modena ed Elah Genova, tutti però destinati ad avere breve durata; solo il Lanerossi Vicenza, pur nella sua piccola realtà di provincia, riuscì a lasciare un profondo segno nella storia del calcio italiano, entrando nel cuore dei suoi appassionati che ancora oggi tifano “il Lane” piuttosto che “il Vicenza”! Nel 2016 fu presentata invece una seconda divisa che celebrava il decennale della vittoria degli Azzurri al mondiale del 2006. Ritornava il triangolo sotto il colletto e i bordi manica blu navy e del logo venne tenuta solo la struttura, dorata con le quattro stelle. Dopo che nel 1974 era stato dapprima riconosciuto ai calciatori italiani il diritto allo sfruttamento della propria immagine a fini commerciali, nel 1978 la FIGC creò al suo interno una struttura ad hoc, la Promocalcio, dedicata alla gestione di marketing e diritti televisivi: tra le sue prime azioni, questa permise l’esposizione sulle maglie ai marchi dei fornitori tecnici.